L’ambulanza stava tornando da un altro intervento. La giornata era pesante: cielo nuvoloso, lunghe code, gente stanca e irritata. Dentro regnava il silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. L’autista sognava solo di tornare a casa il prima possibile, mentre i soccorritori desideravano un po’ di riposo.
Ma all’improvviso qualcosa di inatteso bloccò la strada: proprio in mezzo alla corsia sedeva un cane. Chiaro, forte, bellissimo. Non scappava, non abbaiava, non cercava di spostarsi. Guardava soltanto dritto negli occhi chi stava al volante, come se sapesse che li stava aspettando.
— Su, vai via di qui — brontolò infastidito l’autista, premendo il clacson. Ma il cane non si mosse. Uno dei soccorritori scese per scacciarlo. L’animale si spostò a lato, ma non appena l’uomo risalì in macchina, tornò a sedersi davanti ai fari.
— Ho l’impressione che ci stia portando da qualche parte — disse sorpreso l’altro soccorritore.
E infatti, come se avesse sentito quelle parole, il cane si mosse lentamente verso il ciglio della strada, fermandosi di tanto in tanto e girandosi per controllare che lo seguissero. I soccorritori si scambiarono uno sguardo e decisero di andare.
L’animale li condusse tra fitti cespugli, dove correva un fosso profondo.

– «Avvicinatevi… più in fretta…» – mormorò improvvisamente uno degli uomini. Il suo volto impallidì.
Nell’erba giaceva una bambina. Scalza, con un vestito vecchio, i capelli arruffati. Rannicchiata, come se volesse nascondersi dal mondo intero. Le guance bagnate di lacrime, la pelle graffiata. Tra le braccia stringeva forte un fagotto avvolto in un asciugamano.
– «Piccola, ci senti?» – disse dolcemente il soccorritore, inginocchiandosi accanto a lei.
La bambina alzò a fatica gli occhi. Il suo sguardo era stanco, ma non impaurito. E senza dire una parola porse agli uomini il fagotto.
Quando aprirono l’asciugamano, videro che dentro c’era un gattino. La sua zampetta sanguinava, il pelo era bruciacchiato.
– «Lui… stava bruciando…» – sussurrò la bambina. – «Non sapevo cosa fare… camminavo soltanto… e il cane… lui mi ha portato qui…»
I soccorritori adagiarono con cautela la bambina sulla barella e la coprirono con una coperta. La piccola non spiegò più nulla, ma tutto era chiaro senza parole: la fame, la stanchezza, la solitudine – tutto si rifletteva nei suoi occhi.

Il cane, il fedele Bukshi, stava accanto a lei e non si allontanava di un passo.
– «Il cane viene con noi» – disse con fermezza l’autista. – «Non c’è neanche da discutere. È lui che l’ha salvata.»
In ospedale la bambina fu subito ricoverata nel reparto pediatrico. Il gattino fu portato dal veterinario. E Bukshi si sdraiò davanti alla porta della stanza e non si mosse finché i medici non gli permisero di entrare. Allora si avvicinò al letto e si sdraiò accanto. La bambina gli accarezzò la testa – e per la prima volta dopo tanto tempo sorrise.
Passarono alcuni giorni. Si scoprì che la madre della bambina non si faceva vedere da molto tempo. La piccola era rimasta davvero sola, se non fosse stato per il cane e il gattino. La storia si diffuse rapidamente in città. La gente portava in ospedale giocattoli, vestiti, cibo. I servizi sociali si unirono per trovare un luogo sicuro per lei.
Alla fine fu temporaneamente accolta da un’infermiera che era di turno quella notte. Il gattino guarì, la bambina riprese forza, e Bukshi rimase con lei, come sempre.
E quando l’assistente sociale le chiese con cautela:

– E adesso, cosa succederà?
Lei rispose senza esitazione:
– Ovunque io vada, lui verrà con me. E anche il gattino. Senza di loro, non posso.
Quelle parole commossero tutti fino in fondo al cuore. Nessuno cercò di opporsi, perché ognuno capì: fu proprio la fedeltà del cane e la piccola scintilla di speranza portata dal gattino a donare alla bambina la possibilità di una nuova vita.
Il bene può arrivare nella forma più inaspettata. A volte sono proprio gli animali a mostrare la vera umanità e a restituire alle persone la fede di non essere sole.
Tutti gli eventi e i personaggi di questo racconto sono di pura invenzione. Ogni somiglianza con persone o situazioni reali è puramente casuale.







